Esiste una pietra, quasi dimenticata, dai magici riflessi argentati, che evoca immaginari paesaggi lunari: il suo nome è selenite. E' una varietà tutta particolare di gesso conosciuta per la sua lucentezza, per l'incredibile resistenza e per la facilità di lavorazione, doti per le quali divenne protagonista indiscussa della scena architettonica bolognese, dal dominio romano a tutto il Medioevo. Ancora oggi, dopo molti secoli, continua a brillare nei teatri e nei templi romani, negli edifici duecenteschi e nelle piccole borgate sorte in prossimità delle cave di gesso, là dove generazioni di esperti gessaròl si sono tramandati l'arte della sua lavorazione.
Oggi non si scava più il gesso. I luoghi su cui sorgevano le cave non sono stati abbandonati, si sono trasformati in un parco con i suoi angoli meravigliosi, le sue doline e le sue cento e più grotte: il Parco dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell'Abbadessa.
La mostra "Pietra di luna: la selenite racconta Bologna", frutto della ricerca di Francesca Cerioli e Ilaria Cornia per una tesi di laurea alla Facoltà di Architettura di Firenze, attraverso immagini, disegni e testi è diventata un racconto, per molte parti inedito, di una storia che continua a parlare alla città.
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